lunedì 29 novembre 2010

Interno giorno

dalla finestra aperta le tende tentano di rallentare i raggi tiepidi del sole d'autunno, quello delle 2 di pomeriggio; entra del pulviscolo che balla un valzer muto, fortissimo, dal ritmo irrefrenabile. Qualcuno sonnecchia sulla poltrona, mentre la tv senza volume ciarla, discute, scasalinga casalinghe private delle loro emozioni, farcite di quelle della conduttrice e degli autori. Qualcun altro riposa in camera con la radio accesa, le voglie spente. Il cane è beato, tramortito, con il lungo muso sul tappeto colpito da quei raggi che sono riusciti a farsi largo. Di là, nella vecchia cucina, cade una pentola: un colombo, un piccione (qual è la differenza?) una coppia che s'incontra nel letargo degli altri. Non si sa, ma la casa si sveglia e il romanzo finisce. Inizia la realtà. L'operatività, i problemi, il quotidiano; la normalità, certo, ma con i tempi sbagliati. Dov'è, che fa, dove l'hai messo, a che ora torna, ma dove vai!? Il caffè!!

Tutta la poesia svanisce perché il brulicare frenetico della vita uccide gli animi pacati. Devo rallentare. No, non posso tornare ai pranzi fuori, alle pause caffè, al prendo un'insalata veloce e la mangio sulla scrivania. Ho bisogno del meriggio, della siesta. Avrò bisogno del meridione. 

Venerdi torno a Roma.

sabato 27 novembre 2010

Qui tutti salgono sui tetti

ma che c'andate a fare sui tetti? Arrampicatevi sulle tette piuttosto. Una tempo si scendeva in piazza, si andava in fondo alle cose. Ora si sale, si assale, ci si alza...se va bene ogni tanto vi si alza. Punturina, tiè. Una volta, da piccoli, abbiamo costruito una capanna sull'albero, ma non la usavamo per farci vedere, anzi, al contrario ci nascondevamo lassù e potevamo guardare senza essere visti.


Ora invece per essere visti si deve salire. Vabbè, in un mondo che va al contrario ci si doveva aspettare una cosa del genere. Prima o poi inizieremo a guardare l'ora allo specchio e dopo un po' non capiremo qual è il senso giusto. Dal top-down al bottom-up, - con le botton down - non fa una grinza, a pensarci bene. Parlo della camicia.

Dopo gli operai bresciani, anche a Venezia dieci lavoratori sono saliti sui camini della petrolchimica e hanno incominciato a ballare con delle tate dalle borse capientissime; ah no, erano tute, non tate.
A Venezia c'è l'acqua alta, sai che tuffi da quei comignoli. Carpiati, avvitamenti, fanno i salti mortali per campare.

Sono sicuro che Vespa presto costruirà un plastico di una fabbrica e poi ci salirà su, alla fine della puntata lo regalerà a Brunetta che ci giocherà con Barbie operaia. Brunetta con le Barbie ci fa i giochini, beato lui. Gioca con Barbie operaia perché Barbie ricercatrice purtroppo non esiste, o meglio, esiste, ma in Italia non si trova più, bisognerebbe importarla, ma non conviene, costa troppo.

Montezemolo invece ha chiesto di cambiare cognome in Citorio, Montecitorio. Preferisce, giustamente. La Carfagna ha annunciato di sposarsi con Mezzaroma, l'altra metà c'è rimasta malissimo.  Pierferdinando continua a fare Casini. 
E con le stronzate composte, per oggi abbiamo finito. Scomponetevi pure; per favore.

Siamo arrivati a questo punto e a me prende male - come il cellulare in galleria - e  ancora non vedo  bene la luce - come in galleria dentro a un cellulare della polizia che porta studenti incazzati - anche se so che la luce c'è, fioca, ma c'è. Forza che c'è, il 14 è vicino.


martedì 23 novembre 2010

Cercasi Immagine

Cos'è un'immagine? È la rappresentazione di ciò che aspettiamo di vedere oppure è qualcosa che non deve essere trovata, perché il significato è più forte, se il significante non si palesa? Ce lo chiedevamo,  in termini molto meno spiccioli di questi, durante il giro della Calabria che abbiamo fatto questa estate con un Mercedes 220 del 1971 del vecchio Tis (autore di alcuni scatti).  Arrivati ad Altomonte, dopo il giro della costa Jonica e quella Tirrenica, sfiorando il Pollino e adagiandoci sui monti della Sila, prima di tornare a casa, forse qualcosa l'abbiamo trovata. Una domanda che riecheggia, più forte che mai.










Chi è veramente dietro le sbarre? Chi cerca il sapere senza trovarlo o chi si affida, da lontano, all'effimera conoscenza altrui?

















 Ogni tanto ci si adagia e si aspetta che sia l'immagine a cercare noi. Succede, non sempre, ma succede.















Oppure si cerca il riflesso di se stessi nell'immagine artefatta da qualcun'altro, quando l'arco della verità è a due passi.

















 E non bisogna spaventarsi se la porta dell'arco sembra invalicabile, la forza non serve.



















Soprattutto se ci si domanda se l'immagine che qualcuno ci costringe a portare addosso sia davvero la nostra

















(foto e soggetto della stessa "ragazza in cerca di immagine")

















Bisogna provare a buttarsi a capofitto























 ...E bruciare i simboli di oggi e di ieri























Che si sovrappongono, confondendo le idee
















...lasciandoci incompleti, ai margini di una strada statale che costeggia il mare.

giovedì 18 novembre 2010

Foto racconto del mercato "Tsukiji shijō" di Tokyo


Svegliarsi alle 3.30 del mattino può essere un sacrificio, ma farlo per andare a vedere il mercato del pesce più grande del mondo è un’esperienza unica. Il primo impatto con Tsukiji shijō a Tokyo è molto forte, come l’odore e il freddo di febbraio del resto. Tutto è bagnato, umido, ad iniziare dalle scarpe – le Clark’s sono state decisamente una scelta sbagliata – ed è avvolto da una membrana unta che all’inizio, come l’ovatta, attutisce i rumori e le luci al neon che vengono assorbite da quelle pareti che un tempo erano lucide e pulite. 



Uno, due, tre un’infinità di blocchi; per trovare la famosa asta dei tonni giganti ci si accorge presto, purtroppo, che basta seguire il flusso dei Gaijin, i visitatori non giapponesi, ossia: i turisti. Il Giappone è il maggior consumatore al mondo di carne di tonno rosso, quello del Mediterraneo, ed è anche il principale responsabile della condizione precaria in cui tutta la specie verte da qualche anno. La massiva caccia al nobilissimo e – purtroppo per lui – saporitissimo animale è additata dalle associazioni ambientaliste come genocidio di massa incontrollato in cui esportatori europei lucrano sui pericolosi vizi dei nipponici, troppo attaccati al loro amato sushi, a danno dell’ecosistema del Mediterraneo e dell’Oceano Atlantico. Nel 2008 sono stati consumati dai nipponici 410mila tonnellate di tonno. Una volta rintracciata l’area delle vendite all’asta, siamo riusciti ad assistere, non senza difficoltà, anche a quelle compravendite che normalmente sono vietate al pubblico. Migliaia di “cadaveri” stesi per terra, decapitati, senza coda, per riconoscere la carne, e con un cartellino che identifica provenienza, qualità, numero di lotto e prezzo di partenza. Le offerte sono gestite da un battitore urlante, ma pacato. 


















Dal momento dell’acquisto è possibile seguire tutto il percorso che l’animale farà all’interno del mercato per arrivare poi nei ristoranti di tutto il Paese. All’esterno degli hangar delle aste – c’è quella del tonno fresco, di quello surgelato e del pesce spada – è tutto uno sfrecciare di mezzi a tre ruote in cui i guidatori stanno in piedi e dietro, su un ripiano di metallo, sono adagiati i prodotti acquistati. Occorre stare molto attenti a questi carri a motore e non intralciare il lavoro degli addetti anche perché possono essere decisamente pericolosi.




 















Il pesce arriva sulle bancarelle a tranci - i più pregiati sono quelli della parte ventrale, più grassa e di colore più chiaro - e lì si dà il via alla pulizia e alla sfilettatura con gli Oroshi hocho, coltelli di un metro e mezzo, simili a spade Katana, impiegati da sempre esclusivamente per questo scopo. Superata la zona centrale delle 1.600 bancarelle si accede ad una vasta area in cui si alternano negozi di utensili e ristoranti che aprono intorno alle 6 del mattino. 



 




















Per quanto si possa essere contrari allo sterminio indisciplinato del tonno rosso, non si può non fare colazione in uno dei sushi bar del mercato, dove a detta di tutti - ma anche nostra – facendo una lunga fila è possibile mangiare il sushi e sashimi più buono e fresco del mondo. Oltre al tonno infatti, ci sono migliaia di altre specie di pesce freschissimo che abilissimi cuochi, in attività all’interno di Tsukiji shijō da generazioni, cucinano abilmente e a prezzi contenuti.



 

lunedì 15 novembre 2010

Digrigno i denti

Ma tantissimo, sin da quando ero bambino: si chiama bruxismo e non è né un movimento politico degli anni '70, né un fan club esegetico di Mel Brooks.

Anche se il vecchio Mel mi fa sempre sganasciare e smascellare, un po' come il bruxismo.

Da piccolo ogni tanto mi ritrovavo mia madre in piedi, nella notte, che mi fissava con odio e disperazione; sono sicuro fosse armata per uccidermi, armata fino ai denti - e mai espressione fu più calzante direi, infatti era armata di calza scarpe con bastone di legno e manico in avorio a forma di manina che mi aveva regalato mio nonno, era una vera e propria arma contundente che lei avrebbe usato volentieri contro un dente, ma che anche due.

Digrigno i denti così tanto che una volta stavo con una tipa che dormiva con la maschera nera, ma non quella per gli occhi che ti davano un tempo in aereo, quella dei saldatori, per ripararsi dalle scintille accecanti della frizione tra incisivi, canini e molari che appunto, si chiamano così per la loro capacità frizionante e leggermente frizzante, come la Brio blu.

E uso il bite: quell'apparecchio di gomma che oltre ad avere un indiscusso effetto anti libidine per donne occasionali e non, ma soprattutto non - perché con quelle occasionali non lo metto quasi mai, un po' come la canottiera che «ah ah, io dormo nudo!»...e poi mi sveglio tutto anchilosato - E per fare questo bite, dicevo, sono mesi e mesi che ne utilizzo uno "provvisorio" e faccio al contempo visite periodiche continue da un ortodonzista, ortodontista, ortodentista, insomma da questo signore col camice bianco, la segretaria bona e un sorriso orrendo - che ogni volta mi vien voglia di consigliargli un buon dentista o un pugile professionista che ne giustifichi le storture agli occhi dei clienti paganti - e finalmente, dopo misurazioni millimetriche a cadenza bisettimanale per una chiusura perfetta, una serie di marcati dinieghi al dentista che si proponeva come una valida alternativa all'infermiera bona e un conto salato che fa venire l'amaro in bocca - e si sa, l'amaro, anche se si chiama così, è pieno di zuccheri e poi vengono le carie e il dentista ne mastica di carie... - mi sta per dare il "definitivo", proprio domani, pensate!

E io ieri sera, accendo la tv e cosa vedo? La pubblicità di uno stronzissimo bite automodellante che vendono in farmacia chissà da quanto tempo e magari costa pure due lire, assicura sogni erotici bagnati, risvegli senza postumi dell'alcol e sonni lunghi e profondi.

A me Murphy me spiccia casa!

domenica 14 novembre 2010

La fine della seconda Repubblica e l'Erasmus

Un governo tecnico. E, forse in seguito, la Prima Vera Repubblica. Abbiamo mai avuto una repubblica veramente democratica? Direi di no. La prima è caduta perché chi ha governato ininterrottamente per decenni ha fatto i propri comodi, rubava, arraffava, imbrogliava, faceva leggi ad personam quando le persone interessate erano tante e non soltanto una. 

La seconda sta cadendo perché quelli che governano da 15 anni rubano, arraffano, imbrogliano e fanno leggi ad personam, ma l'interessato è uno soltanto, almeno all'apparenza perché in realtà non è proprio così. Bene, allora mi chiedo, se non c'erano democrazia, meritocrazia, amor di patria - se non per la nazionale di calcio e ora neanche quello - se mancavano il senso dello stato, del pudore, quello di Smilla per la neve e quello di ragno, possiamo mai dire di aver avuto una repubblica democratica? Fatta l'Italia dobbiamo fare gli italiani - e questo è ancora un problema tra diverbi, federalismi, incomprensioni - e solo allora potremo parlare di cosa pubblica. La cosa pubblica non c'è, la res pubblica langue. 

Che poi, l'Italia è fatta o il lavoro è rimasto a metà? Perché per quanto mi riguarda l'italia fisica esiste,  come no, ma quella politica è a due o addirittura più velocità.  Quelli lassù non si sentono italiani e forse hanno ragione, sono diversi, il clima è diverso, la lingua, le abitudini, come biasimarli? Andate a chiedere a un siciliano, a un calabrese o a un napoletano se si sente identico a un friulano. «Il Friuli, e chidè?!» E viceversa. E allora io non mi permetto di dare suggerimenti, non sono nessuno per farlo e tanto meno ho l'esperienza di una "repubblica" passata. 

Quindi mi fermo qui, aspetto speranzoso che un giorno potrò votare per una persona che fa gli interessi della società civile e non del solito gruppetto che di padre in figlio si tramanda il potere fine a se stesso. Spero fino in fondo che tutti inizino a volersi conoscere prima di sparare giudizi negativi, che qualcuno faccia un giro da queste parti o da quelle e poi se ne faccia un'idea. L'erasmus lo dovete fare in Italia. Lo studente di Messina deve andare 6 mesi a studiare a Trento perché non sono tutti austro-stronzi, quello di Trieste a Catanzaro e capire che non tutti fanno sparatorie a Palmi.  Il genovese vada a Roma e il romano studi per un po' ad Aosta, così capisce che il Terminillo non è il massimo possibile, che le cose si possono fare anche non a cazzo di cane. Poi si vedrà.

martedì 9 novembre 2010

Italiani brava gente

La cosa che mi fa incazzare è che ora sono tutti anti Berlusconiani. «Ma sì, a me non è mai piaciuto in realtà, che te lo dico a fare?!»

Più di chi lo è sempre stato, meglio di chi lo è sempre stato, perché loro non sono facinorosi, analizzano le questioni con intelligenza. Non fanno certo come gli strilloni che poi, sotto sotto, si arrichiscono alle spalle di chi crede alle loro stronzate.

Avremmo potuto risparmiarci anni di buio totale se non foste stati così modesti e restii a manifestare la vostra intellighenzia. Cattivelli! 

Vi ammiro, comunque. Ammiro il vostro indissolubile aplomb nel saltare giù dal carro prima che finisca nel fango. Due bottarelle al vestito impolverato e «tranquilli, non mi sono fatto niente!».

Ora siete tutti quanti stati sempre finiani, con Casini ci giocavate a briscola da ragazzini - dopo la messa della domenica - e Rutelli, che piacione, eheh, m'è sempre stato simpatico in realtà. Mastella no. Montezemolo non lo so, aspetto di farmi dire cosa devo pensare su Montezemolo, c'è ancora troppa reticenza.

Almeno finalmente si vede un po' di luce, grazie mille, oggi sono allegro. Benigni è stato meraviglioso. Meraviglioso.

sabato 6 novembre 2010

Questo è un post post postmoderno

Il rumore bianco delle grida esasperate di un mondo di muti in cui chi può parlare è re. Punto. E a capo.

Il nero che assorbe la luce filtrata da una pellicola di ipocrisie. E poi la rigetta come cibo per pulcini. 

Siamo i pulcini. Probabilmente.

mercoledì 3 novembre 2010

Sono preOccupato senza contratto

e questo mi preoccupa. Non poco. Sono stufo di fare gavette, provette, stagini, collaborazioncine e pezzulletti. Stufo stufissimo dei grazie mille, lei è fantastico, ma no, non doveva, certo, no no, nessun impegno. Ma le pare? La notte di Natale non la festeggio mai, nooo, giuro, mai! Il Capodanno fa ribrezzo anche a me. Esattamente, una festa per shampiste, naturalmente. 

Vabbè, sto esagerando, non è così. Se non altro perché non ho un strafottutissimo contratto e quindi non possono esigere niente da me. Il che se ci pensate è ancora peggio. Sono asservito senza un reale motivo formale, ma solo per non permettere a qualcun altro di prostrarsi al posto mio che, chissà, magari domani hanno una botta di generosità e firmano un paio di fogli di carta. Anche a tempo determinato andrebbe benissimo! Determinato dal fato, dalla maga Magò, dal signor "l'editore", che chi l'ha visto mai quello là. Determinato a lavorare e poter fare progetti non dico a lungo, ma almeno a medio! Il medio; dite che me l'avete dato il medio? Eh sì, lo sento, forte e chiaro. Grazie.

Oppure me ne vado. Papà, mamma, vado a cercar fortuna all'estero. Emigro. Gli italiani non hanno mai smesso di emigrare all'estero. Ora lo fanno in maniera più charmant, ma alla fine il risultato è sempre lo stesso. Me ne vado perché non c'è lavoro, perché il sistema è corrotto, perché non funziona niente e per mille altre cose che conoscete benissimo e non stiamo qui a ripetere che poi magari pecchiamo di qualunquismo. 

Ho fatto un week end in Austria e mi è successa una cosa strana, stranissima. Non mi era mai capitato di andare all'estero e di non elogiare qualcosa di nostrano. Figuriamoci, c'è sempre qualcosa che da noi è meglio, per forza. Insomma, la fierezza resta. Manco per niente. Nemmeno una sera che abbiamo mangiato in un ristorantino pakistano ho pensato, ma pensa che se magnano questi. Era buonissimo. Cazzo. Solo che gli austriaci sono degli stronzi freddi bastardi, ma che c'entra, non possiamo sempre vincere solo perché siamo "simpatici": è squallido ed è al contempo la nostra rovina.

Naturalmente non c'era nemmeno un giornale che non prendesse per il culo Berlusconi e Ruby Rubacuori. Ma porca troia, Ruby Rubacuori. Cos'è, un fumetto erotico degli anni '50? Un filmaccio con un attempato e stempiato Dick Tracy de noantri? No, non mi va di continuare. Me ne vado. Ma io non sono un codardo, forse dovrei restare. O probabilmente sono un fifone. O forse me ne dovrei fregare perché la vita è una e una soltanto e non bisogna per forza spenderla a sistemare le cose degli altri per chi verrà. Insomma, a me non c'hanno mica pensato le generazioni passate. E in questo includo i miei genitori e i loro amichetti che giudicano, ma non fanno. Non hanno mai fatto e hanno lasciato governare l'Italia a questo branco di furfanti. Ora non fate quelli che «nooo, resta acca', nun ce lassà». Ci dovevate pensare prima.

E forse anche io.