Direte, che palle 'sta cosa del rating. C'è un downgrade? E a me che mi frega? E no! Ci frega eccome.
Aspettate un secondo, indosso dei vestiti più consoni per l'occasione, metto una bella giacchetta con le toppe marroni, inforco i miei occhiali (quelli della foto quassù) e anche se fa caldo, m'infilo pure un bel pantalone di velluto. Signorine avvenenti e disponibili, statemi lontano per un paio di minuti per favore. Grazie!
Finita questa manfrina, finalmente mi accingo a fare informazione, recupero una cosa che ho scritto per un quotidiano giorni fa e vi spiego perché ci deve interessare se abbassano il rating dell'Italia. Non l'ho mai fatto, ma mi sembra importante. Cos'è successo?
C’è stata una riduzione del rating sui titoli italiani - e non perché un gruppo di signori, come vogliono farci credere i nostri politicanti, lavorano per degli speculatori e sparano giudizi a cazzo di cane così che possano fare i porci comodi. No, esistono delle leggi di mercato - Comunque, i nostri Btp sono diventati meno sicuri di prima e di conseguenza devono poter garantire un rendimento più alto.
Considerando che il valore totale del Btp è dato dal prezzo dell’obbligazione più il rendimento, il valore dell’obbligazione sottostante, inevitabilmente diminuisce. Chi ha quindi in portafoglio i nostri Btp è diventato d'un tratto un po' più povero e considerando che sono le nostre banche a detenere la maggior parte dei titoli, diventano, agli occhi delle altre banche straniere a cui chiedono denaro, controparti più rischiose.
Per chi non lo sapesse, le banche raccolgono denaro anche - soprattutto - a prestito da altri istituti, tenetelo a mente. Succede che le banche, se perdono credibilità, pagano di più la liquidità che raccolgono in giro perché il cost of funding, ossia il costo dell’approvvigionamento, aumenta. Tutto questo perché il sistema italiano è debole. E considerando che sicuramente non sono felicissime di questa cosa, indovinate su chi si rifanno infine per aver pagato di più il denaro da altri istituti creditizi.
La risposta esatta non è le imprese, poiché possono comunque garantire un livello di solidità maggiore. Da qui il poco scalpore e l'assoluta mancanza di informazione tra i media attenti al "mercato". Provate invece à répondre: «i piccoli cittadini lavoratori che chiedono un mutuo per comprare una casa - finalmente - e non si accorgono che stanno pagando il prestito di più di quanto avrebbero pagato qualche mese fa». Risposta esatta!
C'è un signore molto perbene e gentile che si chiama Stefano Rossini che è ad di un società che eroga mutui. Il signor Rossini ha fatto una simulazione su un mutuo per acquisto casa pari a 140.000 euro di durata 20 anni. Da giugno a settembre gli spread tra le migliori offerte sono aumentati mediamente di 10 centesimi per il tasso variabile e di 35-40 centesimi per il tasso fisso. Se poi si prende in analisi un mutuo trentennale a tasso fisso, i tassi a giugno erano dell'1,35% mentre a settembre hanno raggiunto l’1,70%; quelli a tasso variabile, invece, da giugno a settembre sono passati dall’1,35% all’1,45%. La differenza è invece minima nei prestiti decennali perché il rischio di insolvenza per le banche è sicuramente minore.
Qual è il succo del discorso? Mi sembra ovvio. Se non state attenti le banche vi inchiappettano perché sono loro le prime ad essere inchiappettate a causa di una politica nazionale che causa il downgrade.
Qualcuno ne parla? Pochissima gente. Continuiamo a sorridere delle seratine a Palazzo Grazioli, mi raccomando.