martedì 21 febbraio 2012

Esercito il desiderio di sparare

Che succede se una società navale, quella dei Fratelli d'Amato indossa vestiti di sartoria napoletana, ma nell'animo è mezza svizzera e mezza inglese? E ancora, che succede se questa società possiede delle petroliere che non sempre attraversano acque tranquille, ma anzi, spesso sono esposte ad attacchi da parte di pirati che invece delle sciabole sono dotati di kalashnikov o peggio, di Beretta ar 70/90 100% italiano? 

Ve lo dico io che si fa, si sfrutta l'esercito italiano per la difesa e la tutela degli affari personali. Poi capita che questi militari, che altro non sono che mercenari - perché che lo vogliate o no, da quando non c'è più la leva obbligatoria, i nostri soldati sono solo dei mercenari anche se hanno apparentemente un unico cliente - si mettano a sparare contro quella che sembra una nave ostile invece è solo un peschereccio. Beccano pure un paio di pescatori ed ecco che scatta la questione diplomatica. 

Dico io, è giusto che l'Italia sia costretta ad affrontare bagarre diplomatiche quando lassù ci sarebbero dovuti stare due agenti privati, pagati dalla Fratelli d'Amato spa e non dallo Stato Italiano? Perché di questi traffici, allo Stato italiano non entra un cazzo ma - correggetemi se sbaglio, perché magari è così - ci rimettiamo pure la faccia.

A me non sembra proprio una cosa giusta questa qui.

Mi dispiace per i due militari coinvolti e mi dispiace anche per tutti quelli che sono morti in Afghanistan, ma secondo me bisogna capire il perché delle cose prima di inneggiare al nazionalismo e alla difesa a spada tratta dei diritti dei connazionali. Perché siamo ancora là e spendiamo tutti quei soldi quando qui non ne abbiamo e dobbiamo prenderli a giovani e pensionati? Forse fa comodo a Finmeccanica che costruisce i mezzi da guerra o a qualche petroliere che fa cartello per poi poterci vendere la benzina ai prezzi più alti d'Europa. E noi stiamo zitti. Foraggiamo una guerra privata, ecco che facciamo o almeno così sembra.

Quella benzina poi, la paghiamo un sacco di volte: la paghiamo quando mandiamo i militari, la paghiamo quando difendiamo le petroliere e la paghiamo quando quegli stessi militari devono essere difesi. Certo la diplomazia e l'economia non si risolvono in due parole, ma se tutti iniziassero a pensare a quanti soldi, a quanto malaffare e a quanto sangue c'è dietro un pieno di benzina, forse prenderebbero la bici. 


martedì 14 febbraio 2012

Le Olimpiadi a Roma si fanno lo stesso

Non importa se il presidente del consiglio delle banche ha detto che non si fanno perché non ci sono i soldi. E nemmeno se tutti ci fanno notare che il declino finanziario ed economico della Grecia è iniziato così. A me risulta invece che con le Olimpiadi la Grecia è diventata famosa, boh. Non credo si riferiscano a quelle del 2006, che c'entrano, là i soldi ce l'hanno messi la Germania e la Francia e ci stanno pure guadagnando.

A noi non frega nemmeno se non ci fanno fare il Gran Premio. Eh sì, dovevamo fare pure quello, poi ciccia. La neve ci darà man forte e possiamo chiedere di fare quelle invernali, oppure no, rifacciamo quelle fasciste, che ci vengono bene.

Cambiamo i giochi ed è fatta. 

Invece della fiaccola, accendiamo e lanciamo una molotov, però lo facciamo fare a un ospite esterno, chessò, un poliziotto travestito, che non si sa mai. Ammazza come siamo furbi. 
Dopo, subito il via alle celebrazioni, che saranno sobrie e con la partecipazione delle sole autorità, degli amici e dei parenti, più qualche camerata e qualche amichetta messa lì. La sera grande festa all'Art Cafè. 

Tra gli sport in programma ci sarà il tiro al bersaglio, mobile e non, dipende se si cerca di prendere un Rom o uno stanziale. Poi propongo la staffetta, una gara podistica in cui le squadre si passano dei documenti incriminanti riguardanti le truffe dei partiti, il primo che arriva può bruciare tutto, l'ultimo deve costituirsi, ma tanto non gli facciamo niente. È solo uno sport!

Un'altra gara sarà l'immancabile maratona. Un gruppo composto da un rappresentante per ogni nazione in gara dovrà correre dietro e far sfiancare, ma non arrestare, un pederasta - ossia un frocio che corre a piedi (pede), meglio se seguace di Ras Tafari  (rasta) - re dell'Etiopia che conquistammo. (l'idea è venuta alla giunta tutta, urrà).

Ho dimenticato di dire che per fare questa cosa abbiamo dovuto associarci ai Padani e fare con loro e gli altri le olimpiadi degli stati non riconosciuti. Ce l'avevano con Roma ladrona e mo' gli tocca pure ringraziarci. Siamo dei geni.

Naturalmente si sfrutterà il Tevere. Più di quanto non sia stato fatto finora. Solo che non intendiamo di certo bonificarlo, ci costerebbe troppo tempo e poi su, perderebbe quel tipico colore marroncino che ormai piace a tutti. Senza parlare del profumino. Dalle sponde del sacro fiume, organizzeremo battute di pesca ai mostri marini che sono cresciuti sul fondale. Poi faremo delle gare di resistenza. Useremo i negri in dotazione per ogni squadra e - visto che notoriamente non sono dei buoni nuotatori - li lanceremo in acqua e vedremo chi sarà l'ultimo ad affogare. Chi li aiuta è squalificato. Alla fine diremo che è colpa dell'amministrazione precedente se il fiume è impraticabile.
    
Il lancio del giavellotto siamo indecisi se farlo o no, alla fine rischia di essere uguale al tiro al bersaglio, però qui pensavamo di utilizzare dei cinesi che, sotto il loro tipico drago rosso, fuggiranno in cerchio mentre l'atleta, vestito da cavaliere, proverà ad abbatterli per salvare una escort rinchiusa sulla torre di Castel Sant'Angelo.  E qui c'è anche la rivisitazione medioevale, che male non fa.

Poi gli sport di squadra, come la lotta libera a cazzo di cane o rissa, come la chiamavano gli antichi greci. per cui i nostri atleti si allenano instancabilmente da anni. Oppure il lancio del sale vestiti da lavoratori dell'Ama e dell'Atac, vince la squadra che colpisce col sale marino iodato (siamo ecofriendly) più ferite inferte precedentemente ad ex atleti musulmani.

Fiore all'occhiello delle discipline dell'ultim'ora è lo sci di fondo a destra, da praticare sull'Antica Cloaca Maxima. Roma ormai è città in cui nevica di brutto, approfittamone, no!?  

Insomma, le idee sono tante. Siete tutti invitati a prendere parte al "Roma 2020"(perché saranno alle ore 20:20 su Canale 5) mica per altro.



  firmato

Il sindaco, Gianni "The Snow-seeker" Alemanno



Alcuni atleti fanno le prove per il corteo di apertura dei giochi

venerdì 3 febbraio 2012

"Facebook ha stretto amicizia con Wall Street: a Mark Zuckerberg piace questo elemento (cit)"


Non ricordo chi delle persone che seguo su Twitter ha scritto questa cosa che ha originato il titolo del post, ma se si paleserà lo citerò molto volentieri, perché è geniale. Mi ha fatto molto pensare, non subito, prima ho ghignato, e neanche dopo un po', perché mi sono messo a guardare esterrefatto alcuni siti consigliati da un certo Conte, ma dopo, dopo un po'... 

Nello specifico, quando ho letto in giro che l'Ipo (dall'inglese Initial Public Offering) - ossia l'Offerta pubblica iniziale, per quei due, tre lettori di questo blog (tra cui mia madre) che non vanno oltre la penna sul tavolo e il gatto sotto allo stesso mobile - sarà di 5 miliardi di dollari. Cinque miliardi di dollari, per chi ancora non l'avesse capito, sono uno strafottìo di denari (moltissimi soldi, ndr sempre per mia madre) e pensate, gli analisti dicono che in primavera - quando cioè Facebook si quoterà - potrebbero arrivare a 10. Un ipo che cresce, un ossimoro (questa mamma la capisce e mi fa anche i complimenti, la grecista).

Comunque, dieci miliardi per chi non l'avesse capito...l'avrà capito, va. E tutto questo perché la società fondata dal nostro simpatico Zuckerberg nel 2004, ossia quando aveva 20 anni, ora vale 100 miliardi. La mia domanda è: perchè, cazzo?!

Io detesto Facebook. E non solo perché sono invidioso, ma anche perché mi sento controllato, sfruttato, spremuto e pilotato. Tant'è vero che me n'ero andato, c'ero riuscito per un po', più di un anno, ma poi sono tornato e non so perché, o meglio, lo so, per ridondare questo blog che senza facebook, pare abbia meno lettori, come Rai Uno senza la Clerici e la Carlucci. Questa la verità - e molti di voi lo sanno, visto che fanno come me, non fate i fighetti - ma a che prezzo? 

La maggior parte degli introiti e (quindi della solidità finanziaria in caso di quotazione) di questa piattaforma basata solo sulle ciarle e sui personalissimi oltre che privati componenti di una vita quotidiana strozzata dalla routine, sono la pubblicità, la pubblicità e sì, forse un po' anche la pubblicità. L'11% è dato dalle applicazioni spappola cervello tipo Farmville e il resto è fuffa. Ci sono 800 milioni di iscritti che producono numeri che dei geek come quelli di geekissimo.com hanno raccolto prima di me, per poi potersi masturbare su qualcosa di diverso dal solito.

Ognuno di noi per Facebook vale 4 dollari l'anno. Per Google ne valiamo 30 e che cazzo!

Noi per loro valiamo 200 miliardi di dollari. Non lo trovo molto giusto.


In più, loro dispongono di praticamente tutta la nostra vita e Google ultimamente ci bombarda di mail per sottolinearlo e pararsi il culo (mamma, non so come spiegartela questa).

Vendono le nostre informazioni - qui scatta il momento complottistico - alle stesse multinazionali che hanno ucciso l'uomo ragno o agli stessi governi che dicono di detestare il social network. Costruiscono campagne elettorali, quotazioni borsistiche, lanciano marchi e aziende, aumentano i clienti. Ne pilotano i gusti e le scelte senza ritegno, anzi, facendoli sentire originali. Questo è il vero potere e fine ultimo di Facebook, e non, come ha scritto Zuckerberg nella lettera di accompagnamento alla documentazione per la quotazione che «facebook nasce per uno scopo sociale, che è quello di rendere il mondo più aperto e connesso».


Aperto e connesso. Per me si traduce in vulnerabile e fragile.


E poi se era davvero così, potevi farlo a gratis, vecchio mio e non quotarti.



Sono parole al vento perché tutto questo non finirà mai: internet crea dipendenza




(Naturalmente troverete il link a questo post dove sapete)