mercoledì 21 marzo 2012

Consulenze che ti prendono all'amo

E voi abboccate. Tutti noi abbocchiamo. Il dramma di un sistema la cui irreversibilità è ormai conclamata, però sta nel farsi piacere l'esca; perché è meglio mangiare un boccone se te lo trovi davanti. Altro che vagare per l'azzurro mare che è la vita, sul foglio excel posso calcolarne l'incertezza e le aspettative in un batter d'occhio (o di pinna se sono un sub). Bugia. In questo momento pecco di parossismo immaginifico. 

L'esca è il denaro, il pesce non è il Trota per una volta, ma tutti quei consulenti pagati a partita iva che sono senza diritti, ma con un sacco di doveri, soprattutto morali e autoimposti e che nuotano nell'occhio del ciclone, là dove c'è calma apparente, pensando che sarà bellissimo poter surfare quelle onde immense che arrivano da est. Illusi, vi farete male.

La domanda e l'offerta sono la base, la concezione postmoderna di soddisfazione personale è il motore, la rotta intrapresa anni fa - quando non si sapeva bene dove andare a parare, non si poteva fare quello che si sarebbe voluto e si è scelto cosa studiare a casaccio, pensando che quelle fossero facoltà più "sicure" - sono il mezzo. Poi ci si è trovati immersi in una melma in cui difficilmente si riesce a uscire. Erano sicure solo perché sapevamo come sarebbe andata a finire già da prima.

Di chi è la colpa? Bella domanda. Io non lo so

So solo che la rovina della nostra generazione, di chi ha 30 anni, è la partita iva, la collaborazione, l'incertezza nata dall'eccesso di faciloneria nella certezza dei nostri padri. Non siamo pronti per tutto questo. I nostri fratelli minori forse lo saranno, sono più svegli. Noi siamo le cavie di un mondo la cui precarietà è consuetudine; perché di consuetudine si tratta, non di legge. È reversibile, ma pensiamo di no. Me l'hanno fatto notare, hanno ragione, hanno sempre ragione quelli che ci sguazzano da più tempo e non se lo meritano.

Non c'è nessuna legge scritta, nessun contratto in cui si dice: tu hai un costo per il cliente, del prezzo che il cliente paga, però riceverai meno del 10%, il resto lo prendo io (risata maligna). In cambio di questo, inoltre, io ti do la possibilità di essere un "libero professionista", non ti serve l'articolo 18, figuriamoci se serve a me, ma non sarai mai veramente libero, perché gli altri tuoi colleghi, altrettanto "liberi", faranno inconsciamente quello che io non ti faccio per contratto, ti incastreranno e ti legheranno a me con delle catene fatte di timori, sciocchi arrivismi, tristi mancanze di alternative, ti scheduleranno le vacanze, anche se sulla carta non hai né ferie, né malattie, né diritti di genere e ti obbligheranno a lavorare ore e ore perché loro non hanno bisogno di correre a casa quando fuori è iniziata la primavera.

Allora dici: «Ma perché non posso andare a lavorare direttamente dal cliente, avere orari normali e farlo pagare di meno, incassando tutto io?» Perché il cliente non è scemo. Sì, risparmierebbe, ma la responsabilità di quello che ti farà fare, se lavori da lui, sarà sua, mentre ora è tua e della società a cui si è affidato e che ti ha dato questa bellissima chance. Sanno che ti faranno fare cose che - almeno eticamente - potrebbero essere poco chiare e soggette a controlli, indagini, giudizi. Quindi tu devi stare lì e sobbarcarti il peso, sono loro che pagano. Hai visto che culo che hai?

Non lo sai che oggi è iniziata la primavera? No che non lo sai. Se lo sapessi, se riuscissi a guardare oltre il monitor che hai davanti in quella stanza con decine di persone, sapresti che in primavera ci si ribella, si rinasce. Vorresti, eh? 

Non puoi, ora hai la pausa sigaretta, goditela.

domenica 18 marzo 2012

Assenza Empatica by Bollywood

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martedì 6 marzo 2012

E muoviti!

La Tav è espressione di mobilità, la montagna di immobilismo. I contratti a tempo indeterminato sono noiosi, bisogna stare sempre col pepe al culo. Muoversi, muoversi, fast food, fast web, fast and furious, fastidio. Io provo molto fastidio ultimamente, eppure ho sempre pensato che la velocità fosse una condizione necessaria e sufficiente per giudicare positivamente la maggior parte delle cose. Eccetto il sesso, là chi veloce viene, veloce se ne va, si sa. Per il resto è bello, pensateci. Uno che capisce le cose velocemente è intelligente, muoversi rapidamente è positivo, finire prima qualcosa che si deve fare, di solito è il risultato migliore ottenibile, in una gara non vince mai il più lento (il Trota non fa testo). 

Serve davvero avere questa velocità?

Possiamo comunicare con tutto il mondo alla velocità del pensiero, sapere quello che succede in tempo reale, ma la maggior parte delle persone guarda le foto e commenta gli status della vicina di casa oppure conosce a menadito la situazione in Medio Oriente, ma si fa fregare un sacco di soldi pubblici dall'amministrazione comunale. 

Prendete Twitter, è geniale per un sacco di cose. Accorciando le frasi e usando solo 140 caratteri possiamo dire tutto talmente velocemente che alla fine lo facciamo nel minor tempo possibile, però poi lo dimentichiamo per passare a qualcosa di nuovo oppure lo diciamo a metà. Ricominciare, sbrigarsi, cambiare, seguire l'hashtag del momento. Ci fa bene evirare i concetti? 

Cambiare telefono, cambiare pc o mac; ah, ora vi tocca cambiare l'Ipad che anche se il vostro l'avete comprato due giorni fa, lo sapete, il 3 esce domani. Evvai. La sensazione che tutto sia vecchio e da cambiare. Produce consumo e spazzatura che non siamo in grado di smaltire.

Poi ci sono cose che dovrebbero essere veloci e invece durano una vita. Le burocrazie, le file per sbrigarle, i tempi per realizzarle. 

- «Ciao, sono Fabio»
- «Ciao, io sono Marina»
- «...»
- «...»
- «Mi piaci»
- «Anche tu, ci appartiamo?»
- «Ok»
- «M'è piaciuto, bravo»
- «Grazie, scusa, ma il prossimo allo sportello per le raccomandate sono io»

Effimero come i capelli di Berlusconi. Contraddittorio come la laurea di Di Pietro.

Vogliono spendere un sacco di soldi e distruggere la Val Susa per far viaggiare le merci con mezz'ora in meno e continuano ad ammassare senza problemi migliaia di persone che ogni mattina, per non arrivare tardi e poter viaggiare seduti, dormono sulle panchine della stazione. Vogliono fare presto a recuperare gli anni di sviluppo mancato e rallentano le imprese e i salari di chi consuma. 

Tutto ciò è fuorviante come un neo di Bruno Vespa. L'uomo che ogni sera ospita i maggiori responsabili di questo smarrimento e li fa ergere a critici distaccati come se nulla fosse.

Tutto è talmente veloce che dimentichiamo presto, prestissimo, chi ci ha governato e siamo già al prossimo tweet. È ora di fermarsi e rileggere tutto quello che avete scritto finora.