venerdì 5 febbraio 2010

Riti

Quel tavolino un po' defilato, non troppo lontano dal fungo nè troppo vicino.

-Un black label per favore, con un cubetto di ghiaccio-

Bene, tiri fuori la pipa, il tabacco Holger danske, quello aromatico, e inizi. Con calma. Perché ci vuole cura, è un rito, dicono tutti, e hanno ragione. Il primo pizzico di tabacco non si pressa, il secondo si pressa un pochino e il terzo, l'ultimo, si schiaccia per benino. Come l'evoluzione dell'uomo, una specie di mito della sfinge applicato alla forza: la prima manciata la mette un bambino, poi un uomo e infine un vecchio, che ha bisogno di metterci più forza. 

Tabacco sistemato. Perfetto. Ora l'accensione del braciere. Il whisky intanto è arrivato... Dicevo, il braciere.

Si accende piano e in modo omogeneo, una boccata e ci si ferma. Lo faccio. Con un pressino schiaccio il tabacco che si è sollevato con la prima accensione. Riaccendo e tiro. Sono soddisfatto. 

Ora il whisky. Faccio un bel sorso. Poi un altro. Poso la pipa e mi sparo una bella sigaretta che proprio mi ci voleva dopo tutta questa fatica. Pace e bene.

6 commenti:

  1. manca solo una cubana dalle tette enormi dentro le quali avvolgersi prima di andare dormire.

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  2. ci vuole la I? Non credo...cmq sono in giappone e qui sono froci per la pipa!

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  3. Eh invece temo di si; io son rimasta in Italia e son frocia per l'italiano.

    P.S. Mi porti del tabacco anche se ti ho offeso? :D

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  4. allora sul si ci vorrebbe l`accento se proprio vogliamo essere frocissimi...cmq hai ragione, ci vuole la i...a chi lo devo spedire il tabacco? :)

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  5. D'OH!
    E sì (!!!) che avevo appena moralizzato uno perché mi aveva corretto sul significato di "progenitore"!!!

    http://conversazionimetropolitane.wordpress.com/2010/02/16/la-tenera-nonnina/

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