Le gialle foglie autunnali scivolano su di te, pezzi di carta bruciata ti sfiorano e tu niente, non ti muovi, sei impassibile. Ti invidio, invidio la tua stoica immobilità, la tua ferrea convinzione che si è dove si è perché la natura delle cose ha impresso nel suo disegno divino la tua stanzialità. Il fiume sporco avanza sotto di te e tu, impassibile resti là a guardare il lento e continuo scorrere del sudiciume che la città tutta espelle nelle reflue delle attività umane.
E dall'altro lato della medaglia che tu stesso rappresenti sei sempre lì, inerte, a resistere a tutto quello che ti passa sopra, come le foglie, anche i passi insicuri e svelti dell'uomo incerto che, senza una meta ti calpesta, non ti considera nel suo passare, non valuta l'importanza del tuo essere lì, da sempre, su quella strada che il meschino percorre inconsapevole col suo passo blando o frettoloso che sia. Tutto assorbi, niente ti scalfisce. Ogni tanto ti fai da parte, dai spazio alla curiosità, all'operosità; in disparte permetti all'uomo di scavare e di esplorare per percorrere sentieri che ogni giorni guardi dall'alto, che ti sfiorano. Non smettererò mai di apprezzare il tuo immutabile contributo al percorso che ognuno di noi fa, ogni giorno, verso la propria scellerata esistenza.
Tombino, giuro che ti ammiro!
mercoledì 21 ottobre 2009
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